Massimo Gaudina, Rappresentanza Commissione europea: “pubblico, privato, scienza e cittadini le chiavi per vincere la sfida della sostenibilità”

Capo della Rappresentanza della Commissione europea a Milano, Massimo Gaudina è il portavoce della Commissione von der Leyen nel Nord Italia. In venti anni di carriera a Bruxelles è stato capo unità del Consiglio europeo della ricerca (CER), responsabile della comunicazione e sensibilizzazione internazionale, capo settore presso la Direzione Generale della Comunicazione e membro della task force “Convenzione sul futuro dell’Europa” presso il Segretariato Generale, oltre a essere addetto stampa del programma Erasmus. Lo abbiamo intervistato in occasione di Sustainability Waves | ESG Italian Startups, l’iniziativa di Cariplo Factory per raccontare i nuovi modelli di sviluppo in ambito sostenibile ideati da startup e aziende.

L’intervista integrale di Massimo Gaudina per Sustainability Waves

 

Qual è il significato che la Commissione europea attribuisce al concetto di sostenibilità?

Sostenibilità vuol dire declinare in una prospettiva temporale un certo concetto di benessere, di rispetto dell’ambiente, di equilibrio sociale, demografico, ecologico ed economico. Vuol dire, prima di tutto, modificare qualcosa oggi per permettere una qualità della vita adeguata alle prossime generazioni.

 

In che cosa consiste il Green Deal Europeo e in che modo ci consentirà di raggiungere il traguardo delle emissioni zero?

Il Green Deal è la strategia dell’Unione europea che ha come obiettivo quello di contrastare i cambiamenti climatici e al tempo stesso far crescere i nostri Paesi e le nostre economie, lanciata nel dicembre 2019 subito dopo l’insediamento della Commissione von der Leyen e tuttora indicata tra le priorità da raggiungere. Si tratta di una rivoluzione a tutto tondo che guarda al futuro e che va sostenuta con adeguati strumenti giuridici, finanziari e una serie di iniziative a livello globale, locale e individuale.

 

Quali sono, nel concreto, gli obiettivi da raggiungere?

L’obiettivo del Green Deal è quello di ridurre del 55% le emissioni di CO2 rispetto al 1990 ed entro il 2030. Negli ultimi 30 anni il PIL cumulato dell’Ue è salito di circa il 60% mentre le emissioni calavano di oltre il 25%: un dato che dimostra come il doppio obiettivo di crescere economicamente e lottare contro l’inquinamento sia qualcosa di perfettamente compatibile e perseguibile allo stesso tempo.

 

Come si inserisce il piano REPowerEU nel contesto del Green Deal?

REPowerEU è la risposta all’emergenza energetica iniziata un anno fa con l’accelerazione della domanda di energia, causa dalla ripresa economica, la crescita dei prezzi e le conseguenze dell’aggressione russa all’Ucraina. Il piano vuole aiutare Paesi, città e cittadini a superare questo e il prossimo inverno, e preparare una strategia di lungo periodo che ci consenta di affrancarci dalla dipendenza del gas russo attraverso la diversificazione delle fonti di energia, un maggiore risparmio ed efficienza energetica e la crescita degli investimenti e del ruolo delle energie rinnovabili.

 

Proprio in questi giorni si sta chiudendo la COP27: quali sono le aspettative dell’UE in merito all’evento?

L’obiettivo fondamentale per l’Ue è quello di non superare un grado e mezzo di innalzamento delle temperature al 2050. A livello globale, l’Ue rimane uno dei più grandi contributori a livello finanziario: uno dei tanti progetti da ricordare, in questo senso, è la costruzione della “grande muraglia verde”, realizzata grazie al contributo di oltre 700 milioni di euro versati ogni anno dall’Europa, con l’obiettivo di limitare l’avanzata del deserto nel continente africano. Nel corso della COP27 sono stati inoltre avviati negoziati per la stipula di nuovi accordi funzionali a far diventare il nostro continente sempre meno dipendente da altre economie nei settori strategici, diversificando le proprie forniture di materie prime ed energia.

 

Ha senso che l’Europa investa risorse così ingenti in mancanza di una condivisione degli stessi sforzi e obiettivi da parte di altri attori internazionali?

Sì, perché l’Europa è da tanti anni in prima fila nella lotta al cambiamento climatico, nella protezione dell’ambiente e nello sviluppo sostenibile: la reputazione che deriva da questo primato ci assicura una maggiore forza negoziale negli accordi con altri Paesi, consentendoci di impedire a questi ultimi l’export di prodotti altamente inquinanti – o che non rispettano i nostri standard ambientali – verso il mercato europeo.

 

Finora abbiamo parlato soprattutto di sostenibilità ambientale, ma non va dimenticato l’aspetto sociale: quale può essere, in questo contesto in rapida trasformazione, l’impatto sul mondo del lavoro?

Non si tratta più “solo” di conservare la qualità dell’aria, del clima, la preservazione dei nostri territori e la biodiversità, ma anche di portare avanti un modello di sviluppo sostenibile sul piano sociale. A questo proposito, sono stati avviati o sono in corso di discussione strumenti per aiutare regioni, settori e cittadini più colpiti dalla transizione in corso (come il Just Transition Mechanism e il fondo sociale climatico europeo proposto dalla Presidente von der Leyen). Il 2023 sarà, non a caso, l’anno europeo delle competenze: per lavorare e vivere nella società del futuro giovani e adulti devono essere messi in condizioni di dotarsi delle adeguate competenze richiesta da una società in rapida evoluzione.

 

Che interesse hanno le aziende a diventare sostenibili, soprattutto quelle che ancora non lo hanno fatto?

Consumatori e cittadini richiedono sempre più prodotti sostenibili, puliti ed ecologici: una domanda che si è evoluta molto nel corso degli ultimi anni e che le imprese non possono ignorare. Inoltre, molti settori produttivi europei sono regolamentati da un sistema di scambio di emissioni basato sul principio di far pagare chi inquina di più: il limite alle emissioni viene ridotto ogni anno con l’obiettivo di premiare proprio le imprese più “green”.

 

Quali sono, secondo Lei, le priorità per far sì che la sostenibilità possa diventare un modo per soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere quelli delle generazioni future? 

Noi siamo usciti dalla fase più critica della pandemia grazie a quattro settori fondamentali: il pubblico, il privato, la scienza, i cittadini che hanno fatto il proprio dovere. Anche nell’ambito della sostenibilità questo “quadrilatero magico” è la chiave per guardare con ottimismo al futuro, attraverso gli investimenti e la regolamentazione portata avanti dal settore pubblico, la transizione verde del settore privato, le nuove soluzioni ideate dalla scienza e il contributo dato dai cittadini al raggiungimento delle grandi politiche e dei grandi obiettivi. Collegare quello che facciamo oggi alle conseguenze che si avranno domani e dopodomani è un esercizio non immediato, ma che dobbiamo sforzarci di fare ogni giorno di più.

Sustainability Waves

 

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